SINESTESIE DELL’IO di Daniela CECCHINI
Commento Critico a cura di Rodolfo Vettorello
Daniela Cecchini è un’anima felice e appagata e la sua poesia ha lo stesso impeto, la stessa veemenza e delicatezza della sua fisicità radiosa e prorompente.
“ Nel giocoso ondeggiare/ dei miei capelli/ avverto un impulso cha accompagna/ l’avvicendarsi dei pensieri.”
E i suoi pensieri e i suoi versi sono come lei, generosi e comunicativi. L’immediatezza espressiva è la qualità precipua che colpisce il mio modo di sentire poetico..
La sinestesia del suo io, lo splendido titolo della sua raccolta, allude, a mio avviso, a tutte le possibili contaminazioni del suo io, della sua sfera emozionale con le parallele e confinanti sfere sensoriali e sentimentali della natura e di tutte le sue complesse e svariate manifestazioni.
La poesia di Daniela, così immaginifica a tratti :
“riesco a respirare / la scia del tuo tabacco.”
“Nell’oscurità/ ascolto il tuo silenzio/ rumoroso e immenso.”,
trasmette proprio in virtù della richiamata sinestesia del suo io, delle associazioni espressive tra sfere sensoriali adiacenti, una sensazione a volte panica di integrazione con il mondo circostante, il cielo, il mare, le nubi, l’universo intero.
Usa Daniela il mezzo della poesia per indagare nel proprio mondo intimo e lo fa con perizia e delicatezza.
“I miei occhi/ riflessi nel mio specchio di lacrime.”
ma può Daniela anche uscire da se stessa e dalle proprie sensibilità:
“Vorrei liberarmi di questa ineluttabile sequenza.”,
e ci riesce pienamente perché lo stesso impeto che mette in un viaggio all’interno di se stessa, lo stesso impeto piega alle sue esigenze quando deve parlare di altre vicende umane, quelle dolorose delle spose bambine, dei bambini soldati, dei trafficanti di uomini, della tortura, dell’infibulazione, della prostituzione minorile. E qui la sua voce si fa potente e a tratti tonante.
“Tonante silenzio di anime mute.”
“Scomoda la memoria/ per gli idioti/ che si fingono invulnerabili/ al perenne dolore/ della rievocazione”
“I dodici anni miei/ mostrano al mondo/ il peso di una stanchezza/ che ormai non ha più età.”
Mi preme infine una considerazione sulla poesia di Daniela dal punto di vista di un critico esigente, a volte maniacale, per quanto attiene alla forma e allo stile.
Esiste la poesia perfetta e rigorosa e appartiene per lo più al passato e ai passatisti ed esiste la poesia del “verso libero” ed è quella di quasi tutta la poesia del novecento dove la frase poetica è sempre un “verso” per quantità sillabica e per le coerenti accentuazioni ma è frase libera per ciò che riguarda la rima e la negazione dell’isosillabismo.
Anche questa in fondo è poesia del passato anche se di un passato recente e per molti moltissimi è ancora poesia attuale di riferimento.
C’è infine la poesia del “metro libero”, poesia dove la frase poetica non è obbligatoriamente un verso, né per quantità di sillabe né per accentuazioni, ma è un’espressione libera ed efficace dove l’efficacia deriva solo dalla perizia dell’autore.
La considerazione importante è che la cura del verso, libero o meno, di per sé porta solo a una corretta “versificazione”; il salto qualitativo che possa renderlo “poesia” è di là da venire ed attiene solo ai contenuti e quindi all’ispirazione vera e e alla capacità espressiva dell’autore.
Per altra strada il “metro libero” apre invece la porta a tante possibili mistificazioni e a quella che chiamo “poesia dell’andare a capo” intendendo quella serie di frasi, più o meno poetiche, che vengono arbitrariamente frammentate per creare un’apparenza di poesia. In questo ambito è arduo per un profano avvedersi dell’inganno, inganno che salta all’occhio a chi abbia un buon bagaglio di letture poetiche assimilate e amate.
Un troppo lungo preambolo per dire che però è sempre possibile individuare anche nella poesia più libera e immediata la tensione emotiva e la capacità di provare e trasmettere emozioni che è solo della poesia vera.
La poesia di Daniela si colloca in questo ambito con pieno diritto. La sua scrittura denuncia frequentazioni colte e l’aver assimilato la lezione della poesia del novecento senza soggiacere a regole castranti e asfissianti. Le sue modalità espressive sono adeguate, misurate e efficaci per trasmettere emozione poetica e questo fa si che la sua sia realmente parola poetica di fascino e di autorevolezza. Personalmente non ho niente di più da chiedere a chi, come lei, possieda per sensibilità e studio gli strumenti della poesia di questo nostro tempo.
Rodolfo Vettorello
Commento Critico a cura di Rodolfo Vettorello
Daniela Cecchini è un’anima felice e appagata e la sua poesia ha lo stesso impeto, la stessa veemenza e delicatezza della sua fisicità radiosa e prorompente.
“ Nel giocoso ondeggiare/ dei miei capelli/ avverto un impulso cha accompagna/ l’avvicendarsi dei pensieri.”
E i suoi pensieri e i suoi versi sono come lei, generosi e comunicativi. L’immediatezza espressiva è la qualità precipua che colpisce il mio modo di sentire poetico..
La sinestesia del suo io, lo splendido titolo della sua raccolta, allude, a mio avviso, a tutte le possibili contaminazioni del suo io, della sua sfera emozionale con le parallele e confinanti sfere sensoriali e sentimentali della natura e di tutte le sue complesse e svariate manifestazioni.
La poesia di Daniela, così immaginifica a tratti :
“riesco a respirare / la scia del tuo tabacco.”
“Nell’oscurità/ ascolto il tuo silenzio/ rumoroso e immenso.”,
trasmette proprio in virtù della richiamata sinestesia del suo io, delle associazioni espressive tra sfere sensoriali adiacenti, una sensazione a volte panica di integrazione con il mondo circostante, il cielo, il mare, le nubi, l’universo intero.
Usa Daniela il mezzo della poesia per indagare nel proprio mondo intimo e lo fa con perizia e delicatezza.
“I miei occhi/ riflessi nel mio specchio di lacrime.”
ma può Daniela anche uscire da se stessa e dalle proprie sensibilità:
“Vorrei liberarmi di questa ineluttabile sequenza.”,
e ci riesce pienamente perché lo stesso impeto che mette in un viaggio all’interno di se stessa, lo stesso impeto piega alle sue esigenze quando deve parlare di altre vicende umane, quelle dolorose delle spose bambine, dei bambini soldati, dei trafficanti di uomini, della tortura, dell’infibulazione, della prostituzione minorile. E qui la sua voce si fa potente e a tratti tonante.
“Tonante silenzio di anime mute.”
“Scomoda la memoria/ per gli idioti/ che si fingono invulnerabili/ al perenne dolore/ della rievocazione”
“I dodici anni miei/ mostrano al mondo/ il peso di una stanchezza/ che ormai non ha più età.”
Mi preme infine una considerazione sulla poesia di Daniela dal punto di vista di un critico esigente, a volte maniacale, per quanto attiene alla forma e allo stile.
Esiste la poesia perfetta e rigorosa e appartiene per lo più al passato e ai passatisti ed esiste la poesia del “verso libero” ed è quella di quasi tutta la poesia del novecento dove la frase poetica è sempre un “verso” per quantità sillabica e per le coerenti accentuazioni ma è frase libera per ciò che riguarda la rima e la negazione dell’isosillabismo.
Anche questa in fondo è poesia del passato anche se di un passato recente e per molti moltissimi è ancora poesia attuale di riferimento.
C’è infine la poesia del “metro libero”, poesia dove la frase poetica non è obbligatoriamente un verso, né per quantità di sillabe né per accentuazioni, ma è un’espressione libera ed efficace dove l’efficacia deriva solo dalla perizia dell’autore.
La considerazione importante è che la cura del verso, libero o meno, di per sé porta solo a una corretta “versificazione”; il salto qualitativo che possa renderlo “poesia” è di là da venire ed attiene solo ai contenuti e quindi all’ispirazione vera e e alla capacità espressiva dell’autore.
Per altra strada il “metro libero” apre invece la porta a tante possibili mistificazioni e a quella che chiamo “poesia dell’andare a capo” intendendo quella serie di frasi, più o meno poetiche, che vengono arbitrariamente frammentate per creare un’apparenza di poesia. In questo ambito è arduo per un profano avvedersi dell’inganno, inganno che salta all’occhio a chi abbia un buon bagaglio di letture poetiche assimilate e amate.
Un troppo lungo preambolo per dire che però è sempre possibile individuare anche nella poesia più libera e immediata la tensione emotiva e la capacità di provare e trasmettere emozioni che è solo della poesia vera.
La poesia di Daniela si colloca in questo ambito con pieno diritto. La sua scrittura denuncia frequentazioni colte e l’aver assimilato la lezione della poesia del novecento senza soggiacere a regole castranti e asfissianti. Le sue modalità espressive sono adeguate, misurate e efficaci per trasmettere emozione poetica e questo fa si che la sua sia realmente parola poetica di fascino e di autorevolezza. Personalmente non ho niente di più da chiedere a chi, come lei, possieda per sensibilità e studio gli strumenti della poesia di questo nostro tempo.
Rodolfo Vettorello