“Sinestesie dell’Io” di Daniela Cecchini
RECENSIONE A CURA DI PATRIZIA CASELLA
Per avere grandi poeti ci vuole anche un grande pubblico, diceva Walt Whitman e io del grande pubblico non faccio parte che dell'ultima fila e scrivere due parole per una raccolta di poesie, mi fa sentire inadatta, ma certamente non m'impedisce, dal mio piccolissimo posto, di esprimere il mio modesto parere, senza collocarmi al pari delle penne autorevole che mi hanno preceduta. Amo la poesia che considero l'istinto dell'anima, dove ognuno può rispecchiarsi e con poche parole descrivere se stesso, la sua vita, il mondo circostante e le relative emozioni. Ed io, allo stesso modo, cavalcherò sull'onda dell'istinto delle mie sensazioni, come feci in passato e per altre occasioni.
Degli amici poeti e scrittori, ho conosciuto, attraverso la loro arte, quel tanto che basta per un realistico approfondimento. Anche dell'amica Daniela, con il suo libro che ha fatto da tramite, ho potuto scoprire quella parte interiore e nascosta che solo la poesia riesce a tirar fuori e a mostrare con sincerità, restando così fedele al suo ruolo di raccoglitore di fragilità, emotività e comunicazione in versi.
La sinestesia è la fusione nell'unica sfera sensoriale dell'io, delle varie percezioni catturate dal mondo circostante e fatte proprie, amalgamandole con quegli ingredienti necessari che servono a dare consistenza a quell'insieme fatto di pathos e di quella passione che solo un animo sensibile riesce a generare.
Poesie sofferte, con tratti di profonda partecipazione alle problematiche sociali, struggenti ed umane che colpiscono il lettore e lo commuovono. Come è successo a me, leggendone alcune che ho preferito ad altre, proprio per analogie di pensiero e per quei tratti caratterialmente condivisibili.
La nota lampante è che tanto amore sprigiona da queste poesie, amore sofferto, soffuso di rimpianto, da dove traspare la delusione, ma anche la tenacia di non abbandonare l'obiettiva meta. Non a caso, a preambolo della silloge, impera una frase di Seneca "Magis gauderes quod habueras, quam moereres quod amiseras
E' meglio avere amato e perso che non avere mai amato.
Credo che in questo si racchiuda l'anima fertile dell'autrice e l'invito ad emularne la sua ammaliante formazione.
Cito una delle mie preferite "Il sipario strappato"
Lisi brandelli di vita: sipario strappato, contiguo confine tra genio e follia. Protese braccia invocano speranza....
oppure, ancor più intensa "La memoria" per ricordare i crimini contro l'umanità.
"scomoda la memoria per gli idioti che si fingono invulnerabili al perenne dolore della rievocazione...."
o anche "Bambini tra le macerie" dedicata alle vittime innocenti della Siria...
Insomma, non perdetevi questa lettura, non fatevi mancare questi preziosi spunti di riflessione...a volte ci vuole uno sprone letterario, per stabilire un punto di partenza.
Grazie a Daniela Cecchini, poetessa, giornalista, ma, per me, soprattutto amica!
RECENSIONE A CURA DI PATRIZIA CASELLA
Per avere grandi poeti ci vuole anche un grande pubblico, diceva Walt Whitman e io del grande pubblico non faccio parte che dell'ultima fila e scrivere due parole per una raccolta di poesie, mi fa sentire inadatta, ma certamente non m'impedisce, dal mio piccolissimo posto, di esprimere il mio modesto parere, senza collocarmi al pari delle penne autorevole che mi hanno preceduta. Amo la poesia che considero l'istinto dell'anima, dove ognuno può rispecchiarsi e con poche parole descrivere se stesso, la sua vita, il mondo circostante e le relative emozioni. Ed io, allo stesso modo, cavalcherò sull'onda dell'istinto delle mie sensazioni, come feci in passato e per altre occasioni.
Degli amici poeti e scrittori, ho conosciuto, attraverso la loro arte, quel tanto che basta per un realistico approfondimento. Anche dell'amica Daniela, con il suo libro che ha fatto da tramite, ho potuto scoprire quella parte interiore e nascosta che solo la poesia riesce a tirar fuori e a mostrare con sincerità, restando così fedele al suo ruolo di raccoglitore di fragilità, emotività e comunicazione in versi.
La sinestesia è la fusione nell'unica sfera sensoriale dell'io, delle varie percezioni catturate dal mondo circostante e fatte proprie, amalgamandole con quegli ingredienti necessari che servono a dare consistenza a quell'insieme fatto di pathos e di quella passione che solo un animo sensibile riesce a generare.
Poesie sofferte, con tratti di profonda partecipazione alle problematiche sociali, struggenti ed umane che colpiscono il lettore e lo commuovono. Come è successo a me, leggendone alcune che ho preferito ad altre, proprio per analogie di pensiero e per quei tratti caratterialmente condivisibili.
La nota lampante è che tanto amore sprigiona da queste poesie, amore sofferto, soffuso di rimpianto, da dove traspare la delusione, ma anche la tenacia di non abbandonare l'obiettiva meta. Non a caso, a preambolo della silloge, impera una frase di Seneca "Magis gauderes quod habueras, quam moereres quod amiseras
E' meglio avere amato e perso che non avere mai amato.
Credo che in questo si racchiuda l'anima fertile dell'autrice e l'invito ad emularne la sua ammaliante formazione.
Cito una delle mie preferite "Il sipario strappato"
Lisi brandelli di vita: sipario strappato, contiguo confine tra genio e follia. Protese braccia invocano speranza....
oppure, ancor più intensa "La memoria" per ricordare i crimini contro l'umanità.
"scomoda la memoria per gli idioti che si fingono invulnerabili al perenne dolore della rievocazione...."
o anche "Bambini tra le macerie" dedicata alle vittime innocenti della Siria...
Insomma, non perdetevi questa lettura, non fatevi mancare questi preziosi spunti di riflessione...a volte ci vuole uno sprone letterario, per stabilire un punto di partenza.
Grazie a Daniela Cecchini, poetessa, giornalista, ma, per me, soprattutto amica!